Forte è la volontà di indipendenza e la ricerca di libertà; al tempo stesso forte è la spinta a una sfida con se stessi, in questi tempi moderni in cui il Don Chisciotte che è in noi stenta anche ad immaginarsi i mulini a vento contro cui lottare. In una vita quotidiana dove tasse, costo del petrolio, precariato, inquinamento sembrano incarnare ben più solidi -e meno romantici- Nemici .
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sabato 26 agosto 2023
Un libro d’inchiesta che fa luce sulle scuole residenziali indiane e sulle scuse di Papa Francesco
“Le Scuole Residenziali Indiane. Le tombe senza nome e le scuse di Papa Francesco”, di Raffaella Milandri, a cura della Mauna Kea Edizioni, è un libro d'inchiesta che fa luce sugli eventi che hanno scosso il Canada e la Chiesa Cattolica tra il 2021 e il 2022. Qual è il significato e quali le conseguenze dei fatti avvenuti in Canada?
Alla fine di maggio del 2021 una ondata mediatica, presto propagatasi a livello mondiale, annunciava i ritrovamenti di tombe senza nome di studenti nativi di scuole residenziali indiane in Canada. Erano così messi sotto accusa il sistema dei collegi indiani del Nord America, le Chiese che hanno gestito tali scuole, in particolare quella cattolica, e il Governo canadese. L’opera, la prima ad affrontare in modo meticoloso e rigoroso la questione, analizza le origini del sistema educativo di assimilazione e cristianizzazione rivolto ai Nativi, i tragici report governativi e le testimonianze che ne hanno denunciato i metodi. Infine, racconta le pressioni sul Papa perché si “scusasse” con i Nativi a nome della Chiesa cattolica per gli abusi e le violenze perpetrati in tali scuole.
Tra fine marzo e fine luglio 2022 Papa Francesco, prima ricevendo una delegazione indigena canadese in Vaticano, e poi recandosi di persona in viaggio penitenziale sul suolo canadese, ha incontrato le comunità delle First Nations, dei Métis e degli Inuit ed ha affrontato molte critiche, ma ha raccolto anche consensi. Alla fine del suo viaggio, ha affermato che il trattamento riservato ai Nativi è stato un “genocidio”. Le parole del Papa e le sue scuse, analizzate e soppesate dai media e dal mondo accademico, hanno sicuramente fatto puntare i riflettori sui gravosi problemi dei diritti umani dei Popoli Indigeni e sulle responsabilità del colonialismo.
Dice la Milandri, giornalista e antropologa: “La ricostruzione storica degli antefatti è stata semplice. Ma come si siano mossi i media, i governi canadese e statunitense e la Chiesa cattolica, invece, ha richiesto una verifica scrupolosa delle fonti mediatiche e accademiche. Verifica che ha portato a delle scoperte inaspettate, sia sulla situazione delle tombe senza nome in Canada sia sulle pressioni esercitate su Papa Francesco. Non ultima, la evidenza del ruolo avuto dai media”. Poco prima di andare in stampa, a fine marzo 2023, l’annuncio del ripudio della “Dottrina della scoperta” da parte della Chiesa cattolica, tema dibattuto sul testo, che vanta una ricchissima bibliografia. Chiediamo alla Milandri cosa pensa del ruolo di Papa Francesco nella vicenda. Afferma: "Si è dimostrato di parola, pur con la responsabilità enorme del suo ruolo e i limiti che ne derivano".
Scrittrice e giornalista, Raffaella Milandri, attivista per i diritti dei Popoli Indigeni, è esperta studiosa dei Nativi Americani e laureata in Antropologia. È membro onorario della Four Winds Cherokee Tribe in Louisiana e della tribù Crow in Montana. Ha pubblicato oltre dieci libri, tutti sui Nativi Americani e sui Popoli Indigeni, con particolare attenzione ai diritti umani, in un contesto sia storico che contemporaneo. Si occupa della divulgazione della cultura e letteratura nativa americana in Italia e attualmente si sta dedicando alla cura e traduzione di opere di autori nativi. Tra le sue opere ricordiamo “Nativi Americani. Guida alle Tribù e alle Riserve Indiane degli Stati Uniti” (Mauna Kea, 2021), una opera completa e aggiornata sul mondo delle tribù indiane oggi.
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Ubicazione:
Stati Uniti
domenica 17 giugno 2018
Arriva “Liberi di non comprare” il nuovo libro di Raffaella Milandri
Liberi di non comprare. Un invito alla rivoluzione. di Raffaella Milandri |
Arriverà
nelle librerie italiane a metà luglio il nuovo libro di Raffaella Milandri, “Liberi
di non comprare”. La nuova opera della Milandri, scrittrice e attivista per i
diritti umani, si incentra su tematiche dell’anticonsumismo e
dell’ambientalismo, sempre con un richiamo ai Popoli Indigeni, leif motiv della
attività della scrittrice. Il libro
contiene contributi di Renzo Paris, uno dei maggiori autori viventi della
letteratura italiana del ‘900, di Francesco Barbagallo, Professore Emerito di
Storia alla Federico II di Napoli, la testimonianza di Bruno Bozzetto, quella
di Sabrina di Pescara del Tronto, sopravvissuta al recente terremoto del Centro
Italia, e numerosi interventi di esponenti dei popoli indigeni come Inuit,
Boscimani, Aborigeni. Dice Raffaella Milandri: “ Avverto una urgenza di
divulgazione per il mio nuovo libro, dobbiamo cessare di essere consumatori e
ridiventare persone. Per non essere più denaro, o ciò che abbiamo, ma per
essere di nuovo uomini”. Commenta Americo
Marconi: “Un libro scomodo ma delicato che entra in punta di piedi nella
coscienza e pone profondi interrogativi”. Questo della Milandri, dal 2011 in poi è il
quinto libro: “Ho appena firmato il contratto con Ponte Sisto per un nuovo
libro. Scrivere è impegnativo, considerato che ho un lavoro principale, e sono
molto presa con le attività della Omnibus Omnes, di cui sono Presidente. Ma
credo di essere nata per questo: per scrivere. E divulgare tematiche sui diritti
dell’Uomo”.
lunedì 11 giugno 2018
Appello per i Popoli Indigeni di Raffaella Milandri
Sono
viaggiatrice solitaria, scrittrice e fotografa umanitaria . E sono
attivista per i diritti umani dei popoli indigeni. Sono un cane
sciolto, non mi sono legata a istituzioni, partiti o ONG. Ho deciso
di usare le mie foto e i miei libri come strumento di comunicazione
per denunciare le violazioni dei diritti umani e sensibilizzare
l'opinione pubblica ai problemi dei popoli indigeni. Sento una grande
urgenza nel mio viaggiare e raccogliere foto e testimonianze da
diffondere, perchè oggi l'informazione può fare la differenza e
salvare delle vite. Nel caso dei popoli indigeni, l'informazione può
salvarli dall'estinzione e dal genocidio causati dallo sfruttamento
senza scrupoli delle loro terre. Oggi la diversità etnica e
culturale deve essere vista come un Patrimonio da difendere. Un
Patrimonio straordinario di tutti noi che deve essere mantenuto e
trasmesso alle nostre generazioni future. Pigmei, boscimani, indiani
d'America, aborigeni, indios e mille tribù sono nostri fratelli che
hanno nei secoli scelto una vita diversa dalla nostra: a contatto con
la Natura, in sintonia con la flora e la fauna, al ritmo della Madre
Terra. Supremi guardiani di ecosistemi. La nostra civiltà
occidentale sta cercando di spezzare le ultime resistenze e per la
sua avidità di risorse naturali sta mettendo a rischio di
estinzione questi Popoli, che ogni giorno svolgono una battaglia
silenziosa per la sopravvivenza: una battaglia pacifica di popoli che
in molti casi non hanno accesso ai comuni mezzi di comunicazione, che
non possono "twittare" o scrivere su Facebook. I popoli
indigeni nuotano affannosamente, per non affogare nell'abisso
dell'estinzione; ma i media troppo spesso li ignorano. O danno spazio
solo ad esibizioni che ricordano il vecchio, tristissimo Wild West
Show, dove i Nativi Americani si esibivano in qualità di selvaggi e
di “diversi” senza dare davvero spazio alla loro cultura e
dignità. Ho visitato remoti villaggi in Africa, Asia, America e
Oceania. Sono stata sempre accolta come sorella anche nei villaggi
più remoti, e mi hanno affidato testimonianze importanti, appelli
vitali per la sopravvivenza. Mi sento responsabile di verità che non
vanno taciute. E poiché il “Progresso” avanza a passi da
gigante, soprattutto in senso negativo, non ho molto tempo. Chiedo
aiuto per i diritti umani e per la salvezza degli Ultimi Uomini
Liberi.
Non
vogliamo che questi popoli diventino un giorno solo protagonisti di
una favola per bambini:
"C'era
una volta il Popolo dei Pigmei, nella foresta..." oppure
"C'era una volta il Popolo dei Tibetani, sull'Himalaya...".
Sarebbe una favola reale e crudele: popoli uccisi da altri uomini in
nome
del
Dio Denaro.
Il
patrimonio culturale, gli usi e le tradizioni, la religione, la
lingua di questi popoli sono Patrimonio dell'Umanità e di tutti noi.
I Popoli Indigeni sono in pericolo e a serio rischio di estinzione :
a causa dello sfruttamento delle loro terre ancestrali e risorse ,
senza alcuna morale o scrupolo, i loro diritti umani sono stati
violati continuamente, nei secoli passati e ai giorni nostri. Inoltre
, sono vittime di un turismo dissennato e irresponsabile che li
sfrutta senza dare nulla in cambio, tranne la violazione del diritto
di essere rispettati nella loro terra madre.
La
pace e la salvaguardia del nostro Pianeta possono essere assicurati
solo attraverso il riconoscimento universale di tutti i diritti umani
e dell’autodeterminazione di ogni Popolo e razza. Riconoscere i
loro diritti costituisce un doveroso e giusto atto di solidarietà
verso i diritti fondamentali di questi Popoli, e porterà ai popoli
indigeni una visibilità concreta e immediata, sensibilizzando l'
opinione pubblica mondiale ai loro seri problemi , oltre a
sensibilizzare i Paesi dove vivono i Popoli Indigeni.
Ritengo
che si debba prendere spunto, a livello europeo, per :
- La applicazione di un monitoraggio dell’impatto commerciale, sociale, culturale e ambientale delle aziende europee che operano nelle aree abitate da popoli indigeni( e cito ad esempio la interrogazione parlamentare del 21 giugno 2011 Colombia-UE
- Un monitoraggio dell’impatto turistico causato da flussi europei nelle zone abitate da popoli indigeni, talvolta estremamente dannoso a livello culturale senza peraltro portare benefici economici alle popolazioni bensì solo agli operatori turistici che sfruttano il folklore locale senza scrupoli
- Un monitoraggio delle manifestazioni ed eventi organizzati in Europa dove si richiedano interventi ed esibizioni di popoli indigeni in condizioni di povertà. Essi vengono spesso sfruttati senza percepire ricompense adeguate, violentati culturalmente per poi tornare alla loro miseria. In questo senso andrebbero anche sensibilizzate le ambasciate europee in loco (Camerun, Botswana, e America del Sud in particolare) per evitare un traffico di “danzatori “ e “suonatori” che, come dicevo, ricordano il Wild West Show dell’Ottocento.
Il mio nome boscimane è Nxuwa
Sono molto
fiera di essere membro adottivo della famiglia Black Eagle dei Crow, tribù di
nativi americani del Montana. E sono fiera del mio nome in lingua originale,
Baa Kuuxsheesh, che ha segnato una nuova tappa della mia vita e che significa
“Aiuta gli altri”. Molti già lo sanno, ma vorrei ricordarlo e dirlo sempre ad
alta voce. La fratellanza è sacra. Ora posso annunciare la mia adozione presso
un altro popolo indigeno: quello dei Boscimani del Kalahari, e nello specifico
della tribù San Naro. Il mio nome è Nxuwa. E’ un nome che deriva da una pianta,
esattamente un tubero, che il popolo boscimane porta con sè nel deserto per
combattere la sete, la fame e la stanchezza. Una pianta davvero preziosa.
La storia
dei Boscimani è lunga e difficile e, come in tanti casi, sono le risorse delle
terre ancestrali hanno scatenato l’avidità dell’Uomo Bianco e determinato la
perdita dei loro diritti. Per un popolo indigeno, la perdita del proprio
diritto alla terra porta con sé la perdita delle tradizioni, della cultura,
della identità, e determina spesso l’inizio della parabola di discesa verso
l’estinzione. Ne sanno qualcosa proprio i miei fratelli Nativi Americani. A
volte è il petrolio, a volte il legname delle foreste, a volte l’oro, la
bauxite; nel caso dei fratelli boscimani a scatenare la cupidigia degli
europei sono stati i diamanti. Il popolo San è stato allontanato dalle
proprie terre, messo in campi di “reinsediamento”, gli è stato proibito di
tornare nel deserto del Kalahari. Che, per quanto arido e non accogliente, per
i Boscimani è “casa”. Ora, questa mia adozione presso i Boscimani non è solo un
fiore all’occhiello per chi come me protegge e rispetta i popoli indigeni: è
una responsabilità. La responsabilità di divulgare i loro problemi, di essere
all’altezza della fratellanza, di fare del mio meglio per aiutare. Ma
poi, essere una attivista per i diritti umani dei popoli indigeni per me non
significa solo lottare per le minoranze etniche e per i popoli in via di
estinzione: per me significa lottare a favore di chiunque venga discriminato
perché debole e diverso. E oggi, in questa situazione, ci siamo un po’ tutti. Davanti allo strapotere delle
multinazionali, del consumismo, della globalizzazione, siamo tutti Davide
contro Golia.
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raffaella milandri
Ubicazione:
Unnamed Road, Botswana
“La libertà di essere diversi”: mostra fotografica della Milandri per i diritti umani
Quattro continenti nella mostra fotografica di
Raffaella Milandri, “La libertà di essere diversi”, che si è tenuta a San
Benedetto del Tronto. La mostra, targata Onu Italia-Unric, è stata parte della
prima edizione di HOMO, Festival dei Diritti, delle Culture e dei Popoli, della
Omnibus Omnes Onlus. Sono 22 le foto, decisamente suggestive e sorprendenti,
con i volti di popoli indigeni di Asia, Africa, America e Oceania; dice
Raffaella Milandri, scrittrice, giornalista e fotografa, che è stata accolta in
tribù nei più remoti angoli del globo: “Ho scelto volutamente volti di popoli
molto diversi, che guardano l’obiettivo con espressione seria. La loro
espressione contrariata serve ad esprimere la richiesta di rispetto e giustizia
per le loro tradizioni e le loro identità, che la globalizzazione tende a
cancellare. Ed è un appello ai diritti umani e non solo alla salvaguardia di
questi popoli meravigliosi, ma anche della identità di tutti noi”. Lo scopo
principale del festival è ampliare la conoscenza e la coscienza sociale sulle
diverse culture e sulle violazioni dei diritti umani. Il significato profondo
di questa manifestazione è che non esiste un NOI e un LORO in fatto di diritti
umani: ciò che succede a un popolo, prima o poi rischia di succedere a un
altro. Il XXI° secolo ci sta traghettando verso grandi incognite in
termini di diritti umani. Molte delle foto esposte nella mostra sono inedite, e
rappresentano primi piani che vanno dai Nativi Americani a Tibetani, a membri
di tribù sperdute della Papua Nuova Guinea. L’iniziativa è dedicata ai
Boscimani del Kalahari, un popolo che alla fine degli anni ‘90, a fronte della
scoperta di diamanti e altre risorse del sottosuolo sulle proprie terre, è
stato deportato e discriminato, e che rischia la estinzione. La Omnibus Omnes,
lancia una campagna di raccolta fondi e un appello per pc e tablets usati per
le scuole dei giovani Boscimani, che cercano di ottenere attraverso tecnologia
e educazione scolastica un passaporto per la autonomia e la propria
autodeterminazione di popolo.
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