Forte è la volontà di indipendenza e la ricerca di libertà; al tempo stesso forte è la spinta a una sfida con se stessi, in questi tempi moderni in cui il Don Chisciotte che è in noi stenta anche ad immaginarsi i mulini a vento contro cui lottare. In una vita quotidiana dove tasse, costo del petrolio, precariato, inquinamento sembrano incarnare ben più solidi -e meno romantici- Nemici .
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domenica 3 settembre 2017
Perchè e come viaggiare sola- di Raffaella Milandri
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mercoledì 16 agosto 2017
Booktrailer del libro In Alaska di Raffaella Milandri
Raffaella Milandri in Alaska |
Ecco qui sotto il booktrailer del libro In Alaska. Il Paese degli
Uomini Liberi di Raffaella Milandri (Ponte Sisto 2017) curato da Marina
Leoni e della Onlus On Air specializzata in produzioni
videoradiofoniche. Le distanze sconfinate, la solitudine, il silenzio. E
poi il ghiaccio, il Mare Artico, il terrore di incontrare un orso. Ma,
soprattutto, il popolo Inuit, isolato nell’estremo nord dell’Occidente,
che resiste dall’attacco del consumismo, della devastazione ambientale,
dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, della idolatria della ricchezza
materiale.
Questo e altro c’è nel libro “In Alaska. Il Paese degli uomini liberi” (edizioni Ponte Sisto, 144 pagine) di Raffaella Milandri. “In Alaska”, che sta avendo un ottimo successo di pubblico e di critica, è il quarto libro della Milandri e ha un filo comune coi precedenti: la narrazione di un avventuroso viaggio in solitaria, la storia di un popolo indigeno da salvare, in questo caso gli “eschimesi” Inupiaq, e il racconto dell’ incredibile abisso che separa ormai l’uomo “globalizzato” dalla natura e dalla essenza stessa dell’essere umano.
E’ un libro più intimista dei precedenti della Milandri, che racconta l’avventura di chi vive in un contesto “moderno” dove non si è abituati a usare i cinque sensi per sopravvivere. E’ un viaggio “into the wild”, nel pericolo della natura, ma anche dentro se stessi. Scrive di lei il giornalista Di Ciomma: “Una Jack London tutta al femminile, una donna semplice, che possiede ottime capacità narrative e che riesce a coinvolgere il lettore stupendolo ma soprattutto emozionandolo”.
Questo e altro c’è nel libro “In Alaska. Il Paese degli uomini liberi” (edizioni Ponte Sisto, 144 pagine) di Raffaella Milandri. “In Alaska”, che sta avendo un ottimo successo di pubblico e di critica, è il quarto libro della Milandri e ha un filo comune coi precedenti: la narrazione di un avventuroso viaggio in solitaria, la storia di un popolo indigeno da salvare, in questo caso gli “eschimesi” Inupiaq, e il racconto dell’ incredibile abisso che separa ormai l’uomo “globalizzato” dalla natura e dalla essenza stessa dell’essere umano.
E’ un libro più intimista dei precedenti della Milandri, che racconta l’avventura di chi vive in un contesto “moderno” dove non si è abituati a usare i cinque sensi per sopravvivere. E’ un viaggio “into the wild”, nel pericolo della natura, ma anche dentro se stessi. Scrive di lei il giornalista Di Ciomma: “Una Jack London tutta al femminile, una donna semplice, che possiede ottime capacità narrative e che riesce a coinvolgere il lettore stupendolo ma soprattutto emozionandolo”.
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domenica 24 giugno 2012
Le grandi sfide di una donna in solitaria
Cosa vuol dire affrontare una impresa? Cosa comporta fare un viaggio avventuroso?
piacere di avventura. Mi ha portato, dopo 10.000 km in lungo e in largo tra Alaska e Yukon, oltre il Circolo Polare Artico, a Prudhoe Bay. Percorso noto oggi grazie alla trasmissione "Gli eroi dei ghiacci" su Sky. La Dalton Highway si snoda su 700 km di fuoristrada che costeggiano la Transalaska Pipeline, uno dei più grandi oleodotti del mondo. Caribù, orsi, buoi muschiati e lupi popolano la tundra, lungo la strada solo un paesino di 13 abitanti. A Prudhoe Bay, nessun servizio sanitario, alcool proibito, pochissimi Innuit e tanti lavoratori per le compagnie petrolifere.
Arrivata a Prudhoe Bay, ho ricevuto un certificato per l'impresa compiuta. Quando sono ripartita, mi sono avventurata oltre il consentito e ho avuto
una esperienza più "forte": attraversando il Sagg
River, il mio fuoristrada è affondato nel letto del fiume reso cedevole dal permafrost. L'acqua ha iniziato a entrare nel veicolo e così ho dovuto affrontare la tundra a piedi, abbandonare tutto e camminare con un inizio di ipotermia che mi attanagliava le gambe, alla ricerca della salvezza mentre i lupi mi osservavano da lontano e poi sempre più da vicino. Arrivata alla Dalton Highway, una jeep con due cacciatori mi soccorreva e mi portava al campo della Chevron, il più vicino. La foto con l'auto è stata fatta dallo sceriffo durante il sopralluogo fatto dopo il mio salvataggio. Questa è stata una delle più rischiose esperienze della mia vita.
In Australia ho affrontato, dopo 3000 km in fuoristrada il lungo e in largo da Darwin a Ayers Rock, la famosa Gibb River Road del Kimberley. Partita da Broome su un improbabile e caracollante campervan fuoristrada, ho affrontato la Gibb River Road con l'obiettivo di arrivare al Mitchell Plateau e poi visitare una riserva di aborigeni australiani per la quale avevo già preso il permesso nell'apposito ufficio.
In realtà non ci sono mai arrivata: chi viaggia in solitaria deve saper riconoscere i limiti di se stesso e del proprio autoveicolo. Territorio infuocato e impervio, con una sola stazione di servizio nel raggio di centinaia e centinaia di km, la Gibb River Road non risparmia uomini e veicoli; in particolare pneumatici e sospensioni. Una ricca scorta di acqua può essere inadeguata se si va in panne senza nessuno nei paraggi per diversi giorni, mentre i dingo ululano nella notte minacciosi. Una gomma di scorta liscia, le taniche di riserva del gasolio che perdevano, la strada fino al Mitchell Plateau impervissima: sono tornata indietro dopo 500 km. Non me ne vergogno.
Prima di tutto, per me vuol dire intraprendere un percorso fatto di incognite e di rischi. E cercare di superare i miei limiti, usando e affinando quei sensi che la cultura occidentale assopisce nella culla di quotidiane certezze. I motivi che mi spingono a scegliere il DOVE, sono spesso originati dalla volontà di incontrare un popolo indigeno in difficoltà, e spesso i popoli indigeni vivono negli ultimi, remoti paradisi terrestri.
Ben pochi possono dire di aver provato l'inebriante sensazione di attraversare da soli il deserto del Kalahari, in Botswana, su un fuoristrada carico di viveri, come ho fatto io. O il Makgadikadi Pans, sempre in Botswana, pericolosissimo e infido, un pantano grande come il Portogallo. Una enorme carica di adrenalina, per poter visitare l'ultimo villaggio dei Boscimani nel Kalahari, popolo in agonia e deportato a causa dei ricchi giacimenti di diamanti scoperti nel deserto.
Un territorio meraviglioso, dove una fauna strepitosa
vive sotto le Leggi di Madre Natura. Zebre, elefanti, giraffe, antilopi, leoni e tanto altro ancora. Ho anche avuto un incontro ravvicinato con un leone, nel Deserto del Kalahari. Anche se lui -un maschio imperioso dalla folta criniera- ha visto e osservato me molto prima che io vedessi lui.
Il percorso totale che mi ha portato da Johannesburg in Sudafrica al Kalahari in Botswana, e poi attraverso la striscia del Caprivi in Namibia indietro fino a Johannesburg, è di circa 6000 km. Con sosta forzata per guasti tecnici a Katima Mulilo.
Il percorso totale che mi ha portato da Johannesburg in Sudafrica al Kalahari in Botswana, e poi attraverso la striscia del Caprivi in Namibia indietro fino a Johannesburg, è di circa 6000 km. Con sosta forzata per guasti tecnici a Katima Mulilo.
In Alaska ho affrontato la Dalton Highway, una strada famosa per essere una vera e propria sfida per i più temerari. Questo percorso l'ho scelto per il puro
Circolo Polare Artico, sulla Dalton Highway |
Certificato di arrivo a Prudhoe Bay |
L'auto nel Sagg River |
una esperienza più "forte": attraversando il Sagg
River, il mio fuoristrada è affondato nel letto del fiume reso cedevole dal permafrost. L'acqua ha iniziato a entrare nel veicolo e così ho dovuto affrontare la tundra a piedi, abbandonare tutto e camminare con un inizio di ipotermia che mi attanagliava le gambe, alla ricerca della salvezza mentre i lupi mi osservavano da lontano e poi sempre più da vicino. Arrivata alla Dalton Highway, una jeep con due cacciatori mi soccorreva e mi portava al campo della Chevron, il più vicino. La foto con l'auto è stata fatta dallo sceriffo durante il sopralluogo fatto dopo il mio salvataggio. Questa è stata una delle più rischiose esperienze della mia vita.
In Australia ho affrontato, dopo 3000 km in fuoristrada il lungo e in largo da Darwin a Ayers Rock, la famosa Gibb River Road del Kimberley. Partita da Broome su un improbabile e caracollante campervan fuoristrada, ho affrontato la Gibb River Road con l'obiettivo di arrivare al Mitchell Plateau e poi visitare una riserva di aborigeni australiani per la quale avevo già preso il permesso nell'apposito ufficio.
Il campervan nel Kimberley |
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