lunedì 11 giugno 2018

Il mio nome boscimane è Nxuwa



Sono molto fiera di essere membro adottivo della famiglia Black Eagle dei Crow, tribù di nativi americani del Montana. E sono fiera del mio nome in lingua originale, Baa Kuuxsheesh, che ha segnato una nuova tappa della mia vita e che significa “Aiuta gli altri”. Molti già lo sanno, ma vorrei ricordarlo e dirlo sempre ad alta voce. La fratellanza è sacra. Ora posso annunciare la mia adozione presso un altro popolo indigeno: quello dei Boscimani del Kalahari, e nello specifico della tribù San Naro. Il mio nome è Nxuwa. E’ un nome che deriva da una pianta, esattamente un tubero, che il popolo boscimane porta con sè nel deserto per combattere la sete, la fame e la stanchezza. Una pianta davvero preziosa.
La storia dei Boscimani è lunga e difficile e, come in tanti casi, sono le risorse delle terre ancestrali hanno scatenato l’avidità dell’Uomo Bianco e determinato la perdita dei loro diritti. Per un popolo indigeno, la perdita del proprio diritto alla terra porta con sé la perdita delle tradizioni, della cultura, della identità, e determina spesso l’inizio della parabola di discesa verso l’estinzione. Ne sanno qualcosa proprio i miei fratelli Nativi Americani. A volte è il petrolio, a volte il legname delle foreste, a volte l’oro, la bauxite; nel caso dei fratelli boscimani a  scatenare la cupidigia degli europei sono stati i diamanti.  Il popolo San è stato allontanato dalle proprie terre, messo in campi di “reinsediamento”, gli è stato proibito di tornare nel deserto del Kalahari. Che, per quanto arido e non accogliente, per i Boscimani è “casa”. Ora, questa mia adozione presso i Boscimani non è solo un fiore all’occhiello per chi come me protegge e rispetta i popoli indigeni: è una responsabilità. La responsabilità di divulgare i loro problemi, di essere all’altezza della fratellanza, di fare del mio meglio per aiutare.  Ma poi, essere una attivista per i diritti umani dei popoli indigeni per me non significa solo lottare per le minoranze etniche e per i popoli in via di estinzione: per me significa lottare a favore di chiunque venga discriminato perché debole e diverso. E oggi, in questa situazione, ci siamo un po’ tutti. Davanti allo strapotere delle multinazionali, del consumismo, della globalizzazione, siamo tutti Davide contro Golia.

“La libertà di essere diversi”: mostra fotografica della Milandri per i diritti umani


Quattro continenti nella mostra fotografica di Raffaella Milandri, “La libertà di essere diversi”, che si è tenuta a San Benedetto del Tronto. La mostra, targata Onu Italia-Unric, è stata parte della prima edizione di HOMO, Festival dei Diritti, delle Culture e dei Popoli, della Omnibus Omnes Onlus. Sono 22 le foto, decisamente suggestive e sorprendenti,  con i volti di popoli indigeni di Asia, Africa, America e Oceania; dice Raffaella Milandri, scrittrice, giornalista e fotografa, che è stata accolta in tribù nei più remoti angoli del globo: “Ho scelto volutamente volti di popoli molto diversi, che guardano l’obiettivo con espressione seria. La loro espressione contrariata serve ad esprimere la richiesta di rispetto e giustizia per le loro tradizioni e le loro identità, che la globalizzazione tende a cancellare. Ed è un appello ai diritti umani e non solo alla salvaguardia di questi popoli meravigliosi, ma anche della identità di tutti noi”. Lo scopo principale del festival è ampliare la conoscenza e la coscienza sociale sulle diverse culture e sulle violazioni dei diritti umani. Il significato profondo di questa manifestazione è che non esiste un NOI e un LORO in fatto di diritti umani: ciò che succede a un popolo, prima o poi rischia di succedere a un altro.  Il XXI° secolo ci sta traghettando verso grandi incognite in termini di diritti umani. Molte delle foto esposte nella mostra sono inedite, e rappresentano primi piani che vanno dai Nativi Americani a Tibetani, a membri di tribù sperdute della Papua Nuova Guinea. L’iniziativa è dedicata ai Boscimani del Kalahari, un popolo che alla fine degli anni ‘90, a fronte della scoperta di diamanti e altre risorse del sottosuolo sulle proprie terre, è stato deportato e discriminato, e che rischia la estinzione. La Omnibus Omnes, lancia una campagna di raccolta fondi e un appello per pc e tablets usati per le scuole dei giovani Boscimani, che cercano di ottenere attraverso tecnologia e educazione scolastica un passaporto per la autonomia e la propria autodeterminazione di popolo.

domenica 3 settembre 2017

Perchè e come viaggiare sola- di Raffaella Milandri

Una piccola carrellata di interviste televisive dove svelo alcuni segreti: perchè ho cominciato a viaggiare, come viaggia una donna sola, come approcciarsi ai popoli indigeni, e l’Alaska. In valigia ci vuole tanto posto per la fortuna, un elemento imprevedibile ma indispensabile, che va aiutato però con una preparazione adeguata e con tante precauzioni e previdenza. Il requisito indispensabile per una donna che viaggia sola? Un profilo basso e un abbigliamento anonimo e informe, scordandosi tutto quello che la società occidentale canonizza per essere glamour.

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